Un maestro Reiki ci spiega come funziona questa antica disciplina spirituale giapponese

Con il tocco delle mani si riequilibrano le energie del paziente, che trarrà benefici fisici e mentali

Reiki è un termine giapponese che significa “Energia Vitale Universale” e nasce dall’unione di due concetti rei, traducibile come “forza spirituale”, e ki, “forza interiore”. Questa disciplina è un’antica pratica spirituale che nasce in Giappone alla fine dell’800, ma che ormai è diffusa anche in tutto il mondo occidentale. Lo scopo del Reiki è risvegliare (o trasmettere) energia per procurare al corpo e alla mente effetti benefici. Attraverso la meditazione si raggiunge uno stato di profondo rilassamento, un equilibrio spirituale, che allontana lo stress e aumenta la consapevolezza di sé, delle proprie risorse ed emozioni facendo emergere quegli ostacoli che impediscono il raggiungimento dei propri obiettivi.


Cos’è il Reiki

“Il Reiki è una disciplina spirituale che consiste in una serie di attivazioni energetiche che hanno lo scopo di facilitare, aumentando progressivamente e gradualmente, il passaggio di energia vitale attraverso il nostro sistema psico-fisico. Il concetto di salute e di guarigione secondo Reiki è la naturale conseguenza di uno stato di armonia interiore e con il mondo circostante”, spiega Roberto Cardamone, Maestro di Reiki del Centro Reiki Milano, progetto dell’APS SpazioCOPA, di cui è Presidente.

Questa forma terapeutica alternativa non può essere considerata una cura in senso occidentale poiché non vuole ripristinare la funzione di un organo, ma intende capire e rimuovere le cause interiori o esteriori che hanno determinato il problema. Il primo approccio è caratterizzato da quattro cerimonie di attivazione che costituiscono l’iniziazione al I Livello. “In mancanza di tali cerimonie di attivazione impartite da un Maestro di Reiki non si può parlare di Reiki, in quanto tale disciplina si caratterizza per l’uso di specifici metodi e modalità per la canalizzazione dell’energia vitale”, commenta il Master Roberto Cardamone.

benefici del reiki
Durante un trattamento Reiki, le mani del maestro diventano canale di passaggio quindi un mezzo attraverso il quale l’energia si trasferisce nel corpo della persona trattata.

Trattamento Reiki

“Il Primo Livello, con le sue quattro cerimonie di attivazione e una vasta gamma di trattamenti, ovvero precise modalità attraverso cui l’energia di Reiki può essere trasmessa attraverso le mani, si occupa di rimuovere le cause a livello corporeo, definite semplicemente blocchi energetici. Con le cerimonie di attivazione e con i trattamenti è possibile diventare sempre più coscienti della propria interazione con l’universo e adeguare i propri comportamenti in modo che siano sempre più in armonia con le leggi della natura”, spiega l’operatore Reiki.


La guarigione secondo il Reiki

“Il termine guarigione non va inteso da un punto di vista medico-scientifico come eliminazione di un processo patologico in senso stretto, ma piuttosto come il recupero di una dimensione interiore di armonia e di equilibrio in conseguenza di scelte e comportamenti consapevoli in linea con il proprio percorso evolutivo e spirituale. Guarigione come un movimento verso il compimento, verso la felicità, verso la autorealizzazione, verso la scoperta del proprio autentico sé”, conclude Roberto Cardamone.

benefici del reiki
Quando si entra in contesti spirituali è importante cercare di relazionarsi sempre con persone preparate, competenti, scrupolose e oneste, evitando però di affidarsi incondizionatamente a queste figure.

I benefici del Reiki

Al Reiki sono attribuiti benefici fisici, mentali e spirituali. Nel dettaglio:
– Stimola una profonda connessione con le emozioni.
-Infonde maggiore consapevolezza e stimola l’autostima.
– Incoraggia il rilassamento psicofisico allontanando ansia e stress.
– Favorisce la distensione muscolare.
– Riequilibra le funzioni sonno-veglia.
– Combatte l’insonnia.
– Agevola l’eliminazione delle tossine dal nostro organismo.
– Riduce tensioni muscolari e dolori acuti o cronici.
– Stimola la rigenerazione cellulare, il sistema linfatico ed endocrino rafforzando il sistema immunitario.
– Agisce sulle malattie psicosomatiche.

Attenzione e competenza

“È fondamentale avere una grande consapevolezza di noi stessi, sapere cosa vogliamo, individuare quali sono i nostri blocchi e le nostre necessità ma, soprattutto, dobbiamo ascoltare il nostro cuore e fare ciò che ci chiede”, conclude Roberto Cardamone.


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Assistenza Sanitaria: Tamponi a domicilio con AVAS Lamezia, offerta ampliata

Aumentano ancora i contagi in Calabria dove, ad oggi, il totale delle persone risultate positive al Coronavirus sfiora la soglia dei 130.000, dati relativi all’epidemia da Covid-19 comunicati dai Dipartimenti di Prevenzione delle AA.SS.PP. della Regione Calabria.

AVAS LAMEZIA Servizio Ambulanza 24h amplia l’offerta relativa all’ Assistenza Domiciliare per essere sempre più presenti e attenti nei confronti delle persone che hanno particolari esigenze. L’offerta di assistenza domiciliare e ospedaliera è indirizzata ai pazienti allettati, agli anziani che non possono spostarsi e a tutti coloro che preferiscono essere assistiti presso la loro abitazione, in piena sicurezza.

Per rispondere a tutte le esigenze dovute all’emergenza sanitaria, ai servizi domiciliari finora erogati come il trasporto Emodialisi, e assistenza sanitaria domiciliare, si aggiungono i TAMPONI molecolari, i tamponi rapidi e i test sierologici che possono essere effettuati direttamente presso l’abitazione, nel pieno rispetto della sicurezza e delle norme sanitarie anti Covid-19.

Inoltre, grazie al potenziamento delle Unità Mobili si effettuano Trasferimenti Sanitari Nazionali ed Esteri con i consueti standard di qualità di un centro sanitario.

AVAS LAMEZIA si trova a Lamezia Terme (CZ) via A. Reillo n.25.

Per informazioni o appuntamenti contattare il 350.0425562 o avaslamezia@gmail.com

Quando sei un’infermiera sai che ogni giorno cambierai una vita o una vita cambierà la tua.”

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Musicoterapia nei disturbi dello spettro autistico. I vantaggi nel trattamento.

L’autismo

Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder – ADS ) è un disturbo dello sviluppo neurologico che colpisce 1 su 59 bambini nel 2018, con alcune evidenze di prevalenza ancora più elevata, secondo il  Centers for Disease Control.

L’autismo è caratterizzato da importanti sfide sociali, comunicative e comportamentali, con continue ricerche che mostrano la sfida “sensoriale e motoria.”

Il disturbo è evidente già a partire dai 30-36 mesi, anche se i primi sintomi appaiono talvolta dopo un intervallo libero di 12-18 mesi, mostrando i primi segni premonitori dai 12 mesi. Il rapporto medio maschi/femmine di 3 maschi per 1 femmina tende a equipararsi in caso di deficit cognitivo.

I disturbi dello spettro autistico riguardano la relazione la comunicazione e linguaggio, il comportamento, disturbi sensoriali e motori.

Le cause dell’autismo sono ancora in fase di ricerca e non ci sono cure note, nonostante vi siano trattamenti che si sono dimostrati efficaci. 

Alcune terapie  e trattamenti efficaci per l’autismo  comprendono l’analisi del comportamento applicata (Applied Behavior Analysis – ABA), la logopedia, la terapia occupazionale, l’integrazione sensoriale e la musicoterapia.

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Perché la musicoterapia per l’autismo?

Gli individui con disturbo dello spettro autistico spesso mostrano un maggiore interesse, capacità di elaborazione, risposte e talento con la musica, la quale fornisce un mezzo non minaccioso, sicuro e piacevole, permettendo l’esplorazione e l’apprendimento di nuove abilità di sviluppo, di comunicazione, sociale, emotivo, comportamentale, accademico, motorio e sensoriale.

Autismo, musica e cervello

La musica viene elaborata in tutte le aree del cervello e ha la capacità di accedere e stimolare aree che potrebbero non essere accessibili attraverso altre modalità. 

Le persone con autismo spesso sono in grado di eseguire compiti attraverso la musicoterapia che potrebbero non essere in grado di fare attraverso altre terapie.

La musica è molto organizzativa per il cervello.
Fornisce stimolazione concreta, multisensoriale (uditiva, visiva e tattile) e risponde contemporaneamente a molteplici esigenze di sviluppo.

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Ma quali sono gli obiettivi degli interventi musicoterapici per persone con Autismo?

Gli interventi musicoterapici si concentrano sul miglioramento del funzionamento sociale, comunicativo, motorio / sensoriale, emotivo e accademico / cognitivo,  ed anche sulle abilità musicali in individui con ASD.
I servizi di musicoterapia si basano sulle capacità individuali di ogni persona, prendendo nota delle preferenze, dei bisogni, dei valori, delle convinzioni e delle priorità della famiglia.

I musicoterapeuti lavorano in collaborazione con le famiglie e in team.
Il piano d’intervento musicoterapico si basa sui risultati della valutazione, integrando strategie basate sull’evidenza specifiche dell’ ASD e tecniche musicoterapiche quali il canto, la vocalizzazione, suonare struementi, movimento/danza, improvvisazione musicale, composizione di canzoni, ascolto musicale ecc.

Sviluppo e cognitività

La musica affascina e mantiene l’attenzione  degli individui con autismo, e molti sono particolarmente “colti” o possiedono un talento speciale  per la musica. 
Infatti le ricerche indicano che le persone con autismo sono altamente sensibili alla musica e che questa attenzione  è necessaria prima che l’apprendimento possa aver luogo.
La musica offre un ambiente di apprendimento ottimale , organizza le informazioni in blocchi più piccoli che sono più facili da imparare e conservare facilitando la memorizzazione, aiutando quindi nel migliorare le capacità di attenzione, la memoria, il sequenziamento, la comprensione, le abilità accademiche, la risoluzione dei problemi, il processo decisionale e altro ancora.

Parola e linguaggio

Le ricerche su Musica e Autismo, mostrano come  la musica migliora lo sviluppo delle abilità linguistiche e della parola permettendo a coloro che non riescono a esprimersi verbalmente di poter comunicare, partecipare e esprimersi in modo non verbale.
Accedendo e stimolando i centri della parola e del linguaggio  nel cervello , la musica può facilitare il miglioramento di una vasta gamma di abilità verbali e non verbali e abilità linguistiche per le persone con autismo.  

Sociale, Emotivo e Comportamentale

La musica è altamente motivante e coinvolgente e può essere utilizzata come rinforzo naturale per le risposte desiderate delle persone con autismo.

La musicoterapia può aiutare a ridurre i comportamenti negativi e / o auto-stimolatori , identificare ed esprimere in modo appropriato le emozioni, aumentare l’autostima e l’autoespressione, e aumentare la partecipazione in modi appropriati  e socialmente accettabili come attenzione, reciprocità, condivisione e rispetto del turno.

Sensoriale

La musica offre un ambiente sicuro e non minaccioso per le persone con autismo, aiutandoli a rilassarsi, calmarsi, distaccarsi, autoregolarsi, organizzarsi e controllarsi.

La musica fornisce una stimolazione concreta e multisensoriale (uditiva, visiva e tattile). 
La componente ritmica della musica è molto organizzativa per i sistemi sensoriali di persone con autismo. Di conseguenza, l’elaborazione uditiva e l’integrazione di altre abilità sensoriali possono essere migliorate attraverso la musicoterapia.

Fisica e motoria

La ricerca indica che le persone con autismo hanno difficoltà con le capacità motorie, la pianificazione motoria, la coordinazione motoria, il controllo motorio, l’avvio e l’interruzione dei loro movimenti e la consapevolezza del corpo, mostrando come la musicoterapia può essere efficace nel migliorare le capacità motorie.

Inoltre viene supportata il parallelismo che vi è tra ritmo e movimento . Il ritmo può essere usato come un “cronometrista esterno” per organizzare, coordinare e migliorare il movimento di persone con autismo.

CONCLUSIONI

La musicoterapia utilizza la musica e gli elementi musicali, come stimolo terapeutico per raggiungere obiettivi non musicali; grazie alla ricerca che supporta le connessioni che ci sono tra la parola e il canto, il ritmo e il funzionamento motorio, la memoria delle canzoni e la memoria per il materiale accademico, la capacità complessiva della musica preferita nel miglioramento dell’umore, l’attenzione e il comportamento per ottimizzare la capacità dello studente di apprendere ed interagire.
In base a queste considerazioni, uno degli scopi della musicoterapia per le persone con autismo è quello di fornire all’individuo un aiuto iniziale usando melodie e ritmo.

 Studi e ricerche standardizzate hanno riportato dei buoni risultati per quanto riguarda:

  • ·         Una Maggiore attenzione
  • ·         Miglioramento comportamentale
  • ·         Diminuzione di auto-stimolazione
  • ·         Elaborazione uditiva avanzata
  • ·         Miglioramento del funzionamento cognitivo
  • ·         Diminuita agitazione
  • ·         Una maggiore socializzazione
  • ·         Miglioramento delle abilità verbali
  • ·         Un miglioramento anche nell’autostima ed espressione più sicura di se stessi
  • ·         Capacità motorie sensoriali avanzate

I bambini in età prescolare in un programma di musicoterapia di intervento precoce mostrano un comportamento elevato durante le sessioni e un alto tasso di successo nello sviluppo del linguaggio, nelle abilità sociali, nei concetti cognitivi, nelle abilità motorie e nella conoscenza della musica.

Dalle ricerche si evince anche che  cueing musicale è efficace per migliorare il riconoscimento delle parole, l’identificazione del logo, i concetti di stampa e le abilità di pre-scrittura dei bambini nei programmi di intervento precoce.
La presentazione musicale di nuove parole del vocabolario si traduce in un aumento del numero di parole apprese e trasferite nei bambini in età scolare elementare; inoltre è un efficace stimolo e rinforzo per aumentare la risposta verbale nei bambini in età prescolare con una limitata comunicazione verbale.
Grazie alle interazioni facilitate dalla musica e dalla struttura semplice degli strumenti da suonare, le abilità sociali vengono migliorate.

Negli ultimi 70 anni gli studi, le ricerche e le revisioni sistematiche (ad es. Geretsegger, Elefant, Mössler, & Gold, 2014) , sono state numerose descrivendo i benefici della musicoterapia per le persone con ASD. 

Di seguito riportiamo esempi basati su diverse ricerche che dimostrano il valore della musicoterapia per le persone con ASD:

  • ·         I interventi di musicoterapia per i bambini con ASD sono molto efficaci per il miglioramento della comunicazione, abilità interpersonali,  responsabilità personale e il suonare (Whipple, 2012).
  • ·         Gli interventi di musicoterapia possono suscitare attenzione congiunta (Kalas, 2012); migliorare l’elaborazione uditiva, altre abilità motorie sensoriali  (LaGasse & Hardy, 2013); e identificare ed esprimere appropriatamente le emozioni (Katagiri, 2009).
  • ·         Gli interventi di musicoterapia basati sulla pratica centrata sulla famiglia possono aumentare l’impegno sociale nell’ambiente domestico e nella comunità (Thompson, McFerran, & Gold, 2013)
  • ·         Gli interventi di musicoterapia che utilizzano storie sociali adattate musicalmente possono modificare il comportamento degli obiettivi e insegnare nuove abilità (Brownell, 2002).

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Fotografia terapeutica: le foto per allenarsi a una vita migliore

Hai mai pensato di utilizzare una fotografia per allenarti a una vita migliore? La fotografia terapeutica è una disciplina che invita all’utilizzo di fotografie come veicolo per la riflessione e il cambiamento.

La qualità delle fotografie è irrilevante: sfocate, sgualcite, casuali… ogni fotografia è adatta a questo tipo di terapia.

Sebbene in molti abbiano parlato di fotografia terapeutica, la mia preferenza va al modello di Judy Weiser che sta lontano dalle interpretazioni teoriche e dalle codifiche precostruite.

Il terapeuta non legge le fotografie al posto degli altri e non attribuisce significati, ma guida a scoprire i significati personali.

L’utilizzo della fotografia in terapia è utile per esplorare le relazioni, i ricordi – anche traumatici -, la percezione del proprio corpo e di sé, per identificare obiettivi e prendere decisioni. In sintesi, per allenarsi a una vita migliore.

Vuoi allenarti a una vita migliore?

Prendi una fotografia, dai! Guardiamola insieme!

Va bene qualsiasi immagine per iniziare. Puoi scegliere una fotografia sulle pagine di un giornale, online oppure puoi usare una fotografia che ti ritrae, recente o passata o che ritrae familiari, amici…

Questo articolo non può, per ragioni di spazio, essere esaustivo, anche se vuole essere un primo, agevole vademecum per osservare in modo nuovo le tue fotografie.

Le fotografie sono impronte della nostra mente, specchio delle nostre vite, immagini riflesse dei nostri cuori. – J. Weiser

#1: Perché hai scelto proprio questa fotografia?

Hai scelto questa fotografia, per qualche ragione. Anche fosse capitato che la hai presa a caso da un giornale, qualcosa ti ha fatto scegliere proprio questa foto e non un’altra.

Ora osservala:

Cosa rappresenta di importante per te?

Potrebbe rappresentare la natura, l’amore, la cura di sé, la creatività, la felicità…

Potrebbe anche rappresentare qualcosa che non ti piace: se fosse così, per rintracciare ciò che è importante per te, cerca l’opposto di ciò che ti comunica la fotografia.

Ti faccio un esempio. Immagina di aver scelto una fotografia che rappresenta un’immagine di guerra e che tu detesti la guerra.

Cosa potrebbe essere, quindi, importante per te? La pace? La solidarietà?

Questo primo passaggio ti permette di estrarre dalla fotografia che stai osservando uno o più valori.

I valori sono ciò in cui credi e danno una direzione alle tue scelte di vita.

#2: Amplia il contesto fisico: c’è altro da vedere oltre la cornice

La fotografia che stai guardando è un dettaglio di un contesto più ampio che comprende, ad esempio, l’ambiente, eventuali persone non ritratte, chi ha scattato la fotografia.

Per usare la fotografia in modo psicologicamente utile puoi prendere in considerazione questo contesto.

Un modo divertente e creativo consiste nell’immaginare di prendere la fotografia sui bordi e di tirarla per farla diventare più larga e più alta; oppure puoi disegnare tu la continuazione dell’immagine.

Cosa cambia? L’immagine assume significati nuovi?

Oppure conferma e accentua quelli già ipotizzati?

Nota se qualcosa colpisce la tua attenzione in questo contesto ampliato e prova a chiederti che cosa desiderasse ritrarre chi ha scattato la fotografia e cosa potrebbe aver ritenuto importante inquadrare.

Considerare il contesto fisico all’interno del quale è stato estrapolato il dettaglio fotografico è utile per allenarti a notare il contesto allargato in cui agisci i tuoi comportamenti nella vita.

I tuoi comportamenti sono agiti in un contesto fisico che comprende ambiente, cose e persone che si influenzano l’un l’altro.

#3: Amplia il contesto temporale: la storia

Fotografia terapeutica: le foto per allenarsi a una vita migliore

Così come hai ampliato il contesto fisico, puoi ampliare il contesto temporale.

Quali eventi hanno portato al momento ritratto?

Cosa c’è stato appena prima del momento ritratto dalla fotografia? E prima ancora?

Puoi ampliare il contesto anche in direzione futura ossia chiedendoti cosa potrebbe succedere dopo quel momento che la fotografia rappresenta.

Se desideri, puoi raccontare una storia di cui questa immagine sia un tassello narrativo.

Quali ostacoli incontrano i personaggi e quali caratteristiche mettono in gioco nella storia? Usano bene le loro possibilità?

Potrebbero comportarsi diversamente? In che modo, secondo te?

Allenarsi a considerare e ampliare il contesto temporale dei tuoi comportamenti, sia esso contingente, remoto o futuro, è un altro utile strumento per comprendere il senso delle tue azioni, di emozioni, pensieri ed intenzioni e per trasformarle, se lo desideri.

Hai un ruolo attivo nella tua storia e puoi scegliere quali comportamenti vale la pena ripetere per perseguire i tuoi valori e quali è preferibile abbandonare o modificare.

#4 (facoltativo): Un regalo speciale

Se ti va, puoi ora fare un regalo speciale. Puoi donare l’immagine – o la sua copia – a qualcuno di importante per te, accompagnando il dono con un biglietto che racconti le tue riflessioni e i tuoi propositi.

Stai per fare un regalo intimo, potenziante per la relazione, che fa bene a te che doni e a chi riceve.

“Voglio farti un regalo
Qualcosa di dolce
Qualcosa di raro
Non un comune regalo.”

Tiziano Ferro

Fonti:

Berman L., 2002. La fototerapia in psicologia clinica: Metodologia e applicazioni. 

Weiser J., 2013. FotoTerapia: Tecniche e strumenti per la clinica e gli interventi sul campo.


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Cos’è la musicoterapia e perché la musica ci fa bene?

La musica è apprezzata e riconosciuta da tutti come fonte di benessere e piacevolezza.

L’idea della musica utilizzata a scopi terapeutici sembra così affascinante quanto ovvia, tuttavia l’unione delle due parole musica e terapia genera spesso grande confusione e i campi di applicazione divengono improvvisamente vasti e indefiniti.

Ecco che allora diviene importante definire cosa intendiamo per musicoterapia con una definizione accettata e condivisa da tutti coloro che operano in questo campo:

La musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. Essa mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra- e inter-personale e di conseguenza migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.

La musicoterapia, essendo a tutti gli effetti un trattamento di tipo educativo e riabilitativo, comporta che la sua definizione sia un importante strumento per chi entra in contatto con essa.

Tracciando i limiti di ricerca e di applicazione, in quanto non tutte le pratiche e le tecniche sono utilizzabili per tutti, le diverse definizioni stabiliscono soprattutto l’identità professionale del musicoterapeuta, il suo profilo di lavoro.
La musica è il mezzo che viene utilizzato in questa terapia. Essa è fonte di espressione, di condivisione, di sostegno e contenimento delle emozioni, dei pensieri che non sempre vengono espressi verbalmente all’interno di un incontro di musicoterapia.

Questi pensieri vengono trasformati in suoni attraverso gli strumenti musicali e/o la voce.

Prendiamo in considerazione i diversi concetti compresi nella musicoterapia, che fanno capo sia al concetto di musica che all’aspetto della terapia.

Musica e arteterapia

Prima di tutto la musicoterapia è un’arteterapia. Cosa significa?

Significa esprimere artisticamente, cioè con mezzi quali la pittura, la musica, la scultura, la danza e il movimento tutti i pensieri, i vissuti e le emozioni ad essi legati per elaborare le sensazioni che non si riescono a far emergere con le semplici parole (comunicazione verbale) nei contesti di vita quotidiana.

L’arte non si può insegnare, ma viene creata. In ogni momento, in ogni incontro, in ogni istante ognuno di noi può apportare qualcosa di nuovo nell’incontro con un musicoterapeuta. Che sia un semplice suono, una nuova canzone o un nuovo strumento la creatività consente di essere libero dagli schemi, di improvvisare, di arricchire con l’armonia e i colori un momento musicale e di varcare i confini dell’usuale attraverso l’inibizione. E’ in questo che la musicoterapia diviene un mezzo di crescita e conoscenza basato sull’individualità e la soggettività, nonché sulla bellezza.

In che modo la musica agisce?

La musica diviene terapeutica grazie al fatto che nell’incontro con l’altro ci permette di dare vita alla nostra identità sonora, definita in questo campo come ISO (Identità Sonora, per l’appunto).

Ognuno di noi ha un ISO personale, come una nostra biografia. Come la memoria di eventi, persone, emozioni, profumi e voci anche l’ISO è la storia dei nostri suoni, di quei suoni che aprono in noi ricordi, pensieri, sensazioni e consapevolezze per essere altro.

Il terapeuta in un incontro di musicoterapia mette in gioco la sua identità e cerca di accogliere quella del paziente in un gioco dinamico dove la musica diviene l’intermediario della loro comunicazione.

Un intermediario che favorisce il passaggio delle energie sonore e musicali di due entità all’interno di una comunicazione intenzionale, pregna di significati emotivi e personali, che rende il canale comunicativo nuovo ma unificato.

Musicoterapia non è solo fare musica

Come il medico deve specializzarsi in dati campi della medicina e ha necessità di acquisire specifiche competenze per poter operare nel suo campo di scelta, fondendo tutta una serie di discipline e conoscenze, anche il musicoterapeuta deve acquisire competenze diverse da quelle musicali.

Infatti la musicoterapia si caratterizza per la sua natura transdisciplinare assorbendo i suoi principi e le sue modalità di intervento da diversi campi di applicazione. Vediamoli insieme.

Tra le competenze musicali è compresa la psicologia musicale, che intesa come scienza psicodinamica della musica, indica la definizione degli aspetti psicologici e i loro risvolti in un processo relazionale terapeutico a tutti gli effetti. Tali aspetti consentono di valutare quelle risposte psicologiche e comportamentali che vengono fuori dal processo d’intervento per vedere se possono essere comprese in campo patologico e di che entità sono.

C’è poi la etnomusicologia intesa come lo studio degli strumenti e del loro uso in epoche preesistenti rispetto a quelle nostre; ciò ci porta alla scelta di strumenti di natura etnica che abbiano dei riflessi psicodinamici, come ad esempio le differenze tra gli strumenti con pelle sintetica e pelle animale nel contatto tattile o nella capacità di vibrare e i loro risvolti psicodinamici.

Bisogna poi considerare la presenza della musica popolare, comune a tutti, nel background musicale del destinatario della musicoterapia.

Importante si rivela anche la conoscenza di una letteratura musicale infantile che consiste nell’insieme di filastrocche e ritornelli presenti nella crescita del bambino: ad esempio le ninna nanna o le canzoni di cartoni animati.

La psicoacustica e la biologia della musicasono ulteriori campi di competenza che il musicoterapeuta deve avere oltre alle semplici competenze musicali, alla teoria musicale e alla pratica strumentale, che sono la base del suo lavoro.

Dell’area medica questa professione considera le teorie e le scienze tecniche della psicologia generale, della psicopatologia e della psicoterapia, spesso integrandosi con esse.

Include poi applicazioni di anatomia considerata più come anatomo-fisiologia, cioè come analisi di quegli organi e dei loro rispettivi processi biologici che concorrono alla percezione e alla restituzione del suono.

Anche lo studio dell’espressione corporea come riflesso della struttura mentale ed emozionale, e del non verbale, la gestualità, è molto importante per poter comprendere come il paziente esprime le sue emozioni durante la seduta, come è espresso il non detto.

Interessante in questo caso è sottolineare la differenza tra il non verbale ed il canto. Vi possono essere a volte pazienti incapaci di verbalizzare, cioè che non sono in grado di raccontare vissuti del quotidiano che li riguardano.

Se quel paziente è sottoposto a sedute di musicoterapia e quest’ultima riesce a farlo sentire accolto e ad aprirsi egli è in grado di verbalizzare in canto i suoi vissuti.

La verbalizzazione in questo caso è una conseguenza, un effetto del viaggio sonoro che vive in quel momento ed il canto diventa un elemento energetico che lo aiuta a dare una forma artistica al suo esprimersi, al suo atto di verbalizzare.

In ogni verbalizzazione c’è una componente emotiva e riflessiva che nel paziente può rivelarsi un grande ostacolo. Quante volte tornati da una giornata pesante a lavoro cantiamo a squarciagola con il nostro cantante preferito alla radio e ci sentiamo subito meglio? Ecco questo è uno dei tanti effetti della musica che vengono sfruttati a fini terapeutici, ma non è lo scopo della musicoterapia.

Quindi la musicoterapia ci fa bene solo grazie alla musica?

La risposta è no. La musicoterapia consente di avere uno spazio totalmente libero in cui esprimere tutto ciò che abbiamo dentro, ma soprattutto il bisogno di essere accolto, compreso e accompagnato dall’altro verso qualche obiettivo.

Come ogni terapia di carattere psicologico, non è semplicemente l’armonizzazione di un disagio o il trattamento di un disturbo ad essere lo scopo dell’incontro con un il terapeuta. A volte anche il semplice malessere o la ricerca di se stessi richiede un percorso che deve essere affrontato con le giuste competenze e il giusto carico emotivo.

Il musicoterapeuta può accompagnare il paziente in questo grazie alle sue competenze psico-pedagogiche o riabilitative, ma anche grazie al mezzo con cui lo fa: la musica.

La musica consente di avere un mezzo comunicativo nuovo, piacevole e interessante che per un attimo ti fa dimenticare dove sei e ti aiuta ad entrare in contatto con le parti più profonde di te.


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Giocare con i bambini con disturbo dello Spettro Autistico

Come indicato dalle Linee di Indirizzo dell’ISS (2015, 2018) e dalle Linee Guida del SINPIA (2015), non esiste un unico modello di intervento per cui si ha evidenza clinica per i Disturbi dello Spettro Autistico. Ci sono tuttavia alcune caratteristiche che tutti gli interventi dovrebbero avere:

– essere tempestivi: iniziare a lavorare con il bambino il più precocemente possibile;
– essere ecologici: operare nei contesti di vita del bambino (famiglia, scuola e tempo libero);
– essere condivisi: i vari servizi coinvolti dovrebbero coordinarsi per raggiungere gli stessi obiettivi con le stesse strategie.

Il Disturbo dello Spettro Autistico all’interno del DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, versione 5) viene definito da due criteri principali: la presenza di «deficit persistenti della comunicazione sociale e dell’interazione sociale» e «pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi». Tra i fattori importanti da osservare, quindi, per individuare e diagnosticare tale disturbo precocemente, rientrano le modalità di gioco del bambino, poiché esse sono indice dello sviluppo sociale e dell’interesse verso il mondo che lo circonda.

Le tappe del gioco

Nel primo anno di vita il gioco sensoriale e motoriopermette al bambino di conoscere il proprio corpo e il mondo intorno a lui. Mettere mani, piedi o oggetti in bocca, agitare e muovere braccia e gambe, ricercare, afferrare, scuotere, manipolare.

Il gioco diventa in seguito combinatorio, ovvero il bambino sperimenta e cerca di mettere in relazione due o più oggetti, inizialmente in modo casuale e poi volontario. Si acquisisce così il gioco funzionale: il bambino dimostra di aver appreso il significato sociale degli oggetti e il loro rapporto funzionale (es: cucchiaio/piatto, spazzola/capelli). Inizialmente, sarà orientato solo verso l’oggetto (ad esempio, il bambino prenderà una pentola, ci metterà il cucchiaio e lo farà girare, facendo finta di cucinare); solo successivamente sarà in grado di orientare il gioco verso se stesso (quindi farà finta di mangiare da quella pentola), verso un pupazzo (es: farà mangiare la bambola) e, infine, verso gli altri (es: imboccherà la mamma). Si inizia a costruire così uno scambio non solo con l’oggetto, ma anche con l’altro.

Attorno ai 18 mesi il bambino è solitamente pronto per sviluppare il vero e proprio gioco del far finta (gioco simbolico), il quale dimostra la capacità di costruire delle rappresentazioni mentali del significato dell’oggetto, a prescindere dalla funzione reale. A poco a poco l’oggetto prende vita nelle mani del bambino che lo fa parlare, camminare, giocare insieme a lui. Inizia a emergere la teoria della mente, ovvero la comprensione degli stati mentali propri e altrui. Dai 2/3 anni il bambino inizia prima a imitare e poi a ricercare i pari per il gioco. A partire dai 4 anni il crescente interesse per il gioco cooperativo rispecchierà lo sviluppo affettivo e sociale del bambino.

Il gioco come terapia

Il gioco nei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico non sempre emerge come descritto sopra; spesso il bambino può essere rimasto a una tappa di sviluppo precedente rispetto alla sua età. Anche il gioco simbolico, se presente, può risultare ripetitivo e non spontaneo. Può mancare il piacere nel gioco condiviso. Ciò, tuttavia, non significa che il gioco non sia importante per questi bambini, piuttosto essi hanno un modo di giocare o degli interessi differenti rispetto a quelli degli altri. Tali interessi, a volte, possono assorbire in modo esagerato la loro attenzione.

È utile quindi comprendere cosa sia motivante per il bambino. Agganciarsi a questo consente di utilizzare il gioco (in tutte le sue forme) come mezzo per far emergere le abilità di interazione sociale.

In particolare, il gioco permette di lavorare su quelli che vengono chiamati prerequisiti dell’intersoggettività primaria, ovvero l’orientamento e l’attivazione verso uno stimolo; l’interesse per il viso umano e la sua espressione, l’alternanza dei turni e la capacità di integrare diverse modalità sensoriali (es. visiva e uditiva); e dell’intersoggettività secondaria, caratterizzata da attenzione congiunta, imitazione, emozione congiunta, intenzione congiunta.

Attraverso queste abilità sarà quindi possibile costruire la relazione con il bambino con Disturbo dello Spettro Autistico e attraverso di essa lavorare verso l’acquisizione di altre abilità, come il linguaggio, o verso il potenziamento delle capacità cognitive. Inoltre, intervenire stimolando il gioco permetterà di ridurre gli interessi e i comportamenti restrittivi e stereotipati, ampliando così le attività a cui il bambino può essere interessato e da cui può trarre piacere.

Le sezioni di gioco in senso educativo e riabilitativo dovranno essere innanzitutto organizzate nello spazio fisico e strutturate nel tempo. Ciò significa che il bambino deve riuscire a identificare visivamente dove si gioca: deve essere uno spazio circoscritto, privo di distrattori, comodo e confortevole. Può essere un tappeto, una stanza. Inoltre, il tempo può essere scandito da rituali e deve tener conto delle risorse attentive del bambino, in modo da prevenire momenti di stanchezza e/o eventuali comportamenti problema.

Per far sì che l’attività di gioco sia motivante è bene partire dal livello di sviluppo del bambino, da ciò che egli può capire ed è in grado di fare, tenendo conto di quelli che sono i suoi interessi. In particolare, nei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico può essere motivante ciò che è sensoriale, in senso visivo (forme, colori, oggetti in movimento), uditivo (canzoni, filastrocche, suoni onomatopeici) o fisico (arrampicarsi, correre, roteare). Questo è un primo passo per creare un ambiente confortevole e iniziare a tessere le trame della relazione.

Il gioco ci permette di costruire una routine sociale: se al bambino piacciono attività di tipo senso-motorio, come ad esempio il solletico o il gioco del rincorrersi, queste si possono utilizzare per creare uno scambio con l’adulto. In questi casi l’adulto è fonte del piacere, poiché è colui che fisicamente fa il solletico o rincorre il bambino. Quest’ultimo cercherà di far proseguire l’attività e l’adulto potrà agganciarsi a questo desiderio per promuovere l’attenzione congiunta attraverso, ad esempio, la ricerca e lo scambio di sguardi, e per creare nel bambino il bisogno di comunicare con sguardi, gesti, suoni, sorrisi.

La ripetizione di questo gioco consentirà anche una condivisione di emozioni positive nate dal piacere non solo di ricevere ma anche di fare solletico. Un presupposto essenziale è che l’adulto si diverta insieme al bambino!

Ecco come attività apparentemente semplici rappresentano occasioni preziose per promuovere una relazione positiva e la comunicazione con l’altro. L’obiettivo sarà poi quello di favorire un gioco semi-strutturato: se da una parte infatti si dovrà seguire la motivazione del bambino, dall’altra il terapista o il genitore dovrà inserire delle variazioni, avendo sempre chiari gli obiettivi per cui si sta utilizzando quel gioco. L’equilibrio tra novità e ripetizione consentirà di arricchire il repertorio ludico, passando da un gioco senso-motorio a un gioco funzionale, fino al gioco simbolico e, infine, a un gioco sociale.

Tra le opportunità che offre il gioco c’è quella di poter generalizzare attività e obiettivi in diversi contesti data la facilità, per insegnanti e genitori, di aver occasioni per giocare con il bambino. I genitori, inoltre, potranno sentirsi parte attiva della terapia, sperimentando un senso di efficacia e di gratificazione. Da una parte, infatti, potranno apprendere dal confronto con la terapista strategie di gioco più funzionali, dall’altra, essendo “esperti” dei propri figli, potranno offrire molti suggerimenti al terapista. Il gioco aiuterà a riscoprire alle mamme e ai papà il fluire di emozioni positive, che a volte manca e di cui spesso si ha bisogno.

All’interno di un programma più esteso di trattamento, l’intervento centrato sul gioco consente quindi di promuovere lo sviluppo di abilità socio-relazionali, comunicative e cognitive, nel rispetto dei bisogni, dei tempi, delle modalità di apprendimento e delle caratteristiche individuali di ogni bambino!

Il Reiki per i bambini

Abbiamo già ampiamente descritto i benefici che i trattamenti Reiki possono portare ai bambini: dai neonati fino ai bambini/adolescenti.
I vantaggi sono talmente tanti che l’associazione SpazioCOPA ha in cantiere anche un Corso Reiki per i Bambini caratterizzato da una didattica ad hoc adatta alla loro età.
Non sempre però è possibile far frequentare direttamente a un bambino il Corso Reiki rendendolo autonomo nella pratica soprattutto nei casi di patologie come l’autismo. È però possibile dare la possibilità al bambino di ricevere trattamenti Reiki in presenza e a distanza oppure rendere autonomi i loro genitori che potranno realizzare trattamenti ai figli ogni volta che possono.

L’aiuto che il Reiki può dare a chi è affetto da autismo:

  • Possibilità di connettersi con un’altra persona in un modo diverso. Uno dei tratti distintivi dell’autismo è la difficoltà nell’interazione sociale. I bambini e gli adulti con ASD possono avere difficoltà a stabilire un legame con le persone che li circondano, siano essi familiari o compagni di classe. Durante le sessioni di Reiki la persona avrà la possibilità di relazionarsi con l’operatore/reikista in modo particolare.
  • Riduzione dello stress e dell’ansia. Le persone con autismo sono spesso irrequiete e iperattive. Gli studi hanno dimostrato che il Reiki riduce stress e ansia e ha un effetto calmante.
  • Migliore qualità del sonno. L’autismo può disturbare il riposo notturno, il che porta a peggiorare i sintomi e lo stress. Il Reiki permette al paziente di ottenere un sonno più riposante e ristoratore.
  • Maggiore controllo sul disturbo. I genitori di bambini autistici, così come i bambini stessi, spesso sentono di essere alla mercé di un disturbo che non possono controllare. Le sessioni di Reiki permettono sia ai bambini che ai loro familiari di essere proattivi e sviluppare il loro self-empowerment riguardo al trattamento dei sintomi e al miglioramento della qualità della vita.

Il Reiki per l’autismo: cosa dice la medicina e la ricerca

In un articolo pubblicato su Autism/Asperger’s Digest Magazine nel 2000 Lewis Mehl Madrona (Coordinatore per la medicina integrativa dell’Università dell’Arizona) scrive: “Abbiamo condotto uno studio pilota sul trattamento Reiki per bambini autistici. I risultati preliminari sono incoraggianti, specialmente quando i genitori usano il Reiki insieme agli appuntamenti formali con il terapeuta. L’uso del Reiki da parte di genitori e dei terapeuti sembra incoraggiare la comunicazione non verbale. I bambini sono più calmi e hanno meno stimoli“.

Reiki e autismo: la particolarità

Sebbene alcuni studi e rapporti indicano che il Reiki può essere utile per le persone con autismo, realizzare trattamenti Reiki in questa situazione può essere una sfida per l’operatore. Soprattutto nel caso dei bambini piccoli, l’autismo rende difficile rimanere immobili e tranquilli per lunghi periodi di tempo. Alcuni genitori di bambini autistici riferiscono che le sessioni di Reiki hanno più successo quando il bambino è assonnato o addormentato. Altri genitori raccontato che sono più efficaci trattamenti più brevi e frequenti. Altri ancora hanno trovato un grande benefico nell’apprendere le tecniche Reiki di secondo livello.

Sei un genitore, un caregiver, un operatore sanitario in contatto con un bambino autistico?
Sperimenta i trattamenti Reiki e/o apprendi la tecnica per realizzare in autonomia trattamenti a te stesso e agli altri ogni volta che desideri. Contattaci per maggiori informazioni


Associazione di Promozione Sociale SpazioCOPA
CF: 92042150794
Tel. 0256568960
via Bellazzi 7, Milano MI
viale I maggio 39, Lamezia Terme CZ

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Cosa è il Reiki: caratteristiche e benefici di questa tecnica giapponese

Il Reiki è una antica tecnica giapponese, immediata e naturale, che, usando le proprie mani, permette di riequilibrarsi e ritrovare il benessere psichico e fisico. È così semplice che tutti possono impararla in un fine settimana, persino i bambini.

Più in particolare il Reiki è una semplice ed efficace tecnica di riduzione dello stress, di rilassamento e di ripristino della salute psicofisica attraverso l’uso della cosiddetta “energia universale”, ovvero l’energia che permea l’universo e costituisce il “mattone” fondamentale di ogni cosa vivente o inanimata, come ben ha descritto la fisica moderna.

Il Reiki è spesso definito come una tecnica di auto-guarigione, in quanto, sebbene l’energia si possa trasmettere anche ad altre persone, viene in genere utilizzata principalmente dal reikista su di sé attraverso l’auto-trattamento.
La bellezza del Reiki: nella sua versatilità, nella possibilità di adattarne tempi e modi alle proprie esigenze, al proprio stile di vita, alle diverse fasi dell’esistenza, come un dono fatto a se stessi.

Il Reiki non ha dunque nulla a che vedere con religioni, sette e filosofie, ma è invece una semplice tecnica che chiunque può praticare, ed ha come punti di forza principali:

  • l’estrema semplicità, con la conseguente facilità dell’apprendimento (in genere in un fine settimana o in tre serate consecutive);
  • l’immediata verifica delle sue possibilità (già durante il corso l’energia inizia a scorrere ed è quindi possibile sperimentare immediatamente i suoi benefici);
  • la potente azione riequilibranteche si manifesta anche a livello emotivo e mentale della persona;
  • la “delicatezza” (non si tratta di un massaggio) e l’assenza di controindicazioni. Tutti possono infatti utilizzare il Reiki (ancheneonati, bambini, donne in gravidanza, anziani e malati!).

Molte testimonianze sottolineano i benefici che è possibile ottenere ricevendo trattamenti o apprendendo la tecnica per praticare in autonomia insieme agli ormai numerosi studi scientifici.

Il Reiki fin dalle sue origini è organizzato in LIVELLI, tuttavia il primo livello è quello fondamentale. La nostra scuola propone corsi di primo, secondo, terzo livello e un percorso per l’insegnamento (Master).

L’energia di cui si parla più sopra non è quella propria dell’operatore ma è prelevata all’esterno di esso e canalizzata (attraverso i canali che tutti abbiamo, e che sono ben conosciuti da coloro che praticano agopuntura o Shiatsu) nelle braccia e fino alle mani, dalle quali fuoriesce per curare l’operatore stesso (se le mani saranno appoggiate su di lui) o un’altra persona. In pratica l’operatore Reiki è come un filo della luce: durante il corso viene connesso con la fonte primaria (la rete elettrica…) dalla quale può attingere ogni volta che vuole e nelle quantità necessarie, lasciando che l’energia scorra dolcemente dentro di sé per uscire dalle mani. Non sono quindi necessarie doti personali (diversamente dalla pranoterapia), tutti posseggono “l’impianto elettrico”, occorre solo connetterlo. L’elettricista che effettuerà la connessione è l’insegnante di Reiki, per mezzo di un’apposita tecnica Reiki applicata su ogni allievo singolarmente: tale momento viene chiamato in vari modi, per esempio “attivazione”, e da quel istante l’energia scorre attraverso l’allievo, che impara a farla partire e ad usarla. È sufficiente partecipare ad un Corso Reiki di Primo Livello.

Per la sua stessa natura, e per la sua lontananza da ciò a cui siamo abituati, il Reiki può essere compreso pienamente solo… se lo si pratica! Scrivici per maggiori informazioni o per prenotate un trattamento Reiki personalizzato.


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Gli organi interni e le emozioni. Sono centri energetici

Anche gli organi interni del corpo, oltre che alla funzione fisiologica che prenderemo in esame, assolvono a una funzione energetica o simbolica che corrisponde a ciò che conosciamo con il nome di emozione.

Il trattamento dei cinque organi da energia rispettivamente ai Reni, ai Polmoni, al Fegato, alla Milza e al Cuore.

Vediamoli approfonditamente.


Reni

Servono all’eliminazione delle scorie non più utili all’organismo, funzione depurativa che si esplica anche nei confronti di sostanze introdotte dall’esterno, come farmaci o tossici.

La formazione dell’urina è l’espressione di questa attività di depurazione del sangue da parte dei reni.

Mantengono una quantità costante di liquidi e sali (sodio, potassio e cloro) e producono vari ormoni.

Interpretazione e patologia

Come tutti gli organi doppi, (polmoni, testicoli, ovaie) anche i reni corrispondono a temi riguardanti la relazione interpersonale, non è un caso che bere qualcosa insieme favorisca il contatto e stimoli contemporaneamente il rene.

Funzione fisiologica: filtro

Funzione simbolica: protezione, purificazione

Emozione luce: tenerezza, fiducia

Emozione ombra: paura,diffidenza, rigidità

Organi correlati: orecchie, vescica urinaria

l rene filtra il sangue grazie a correnti interne e al principio osmotico, il rene mantiene l’equilibrio fra l’acqua e i sali, è in fondo un piccolo mare, una culla ancestrale, dove ha forte influenza il concetto di protezione, di contatto e di tenerezza, qualità che ogni madre dovrebbe trasmettere alla propria creatura.

Il rene stabilisce la relazione tra la madre primordiale (l’acqua, il mare, il liquido amniotico) e la madre terra (la donna, l’utero, la pancia, la realtà).

Quando emergo dall’acqua incontro la terra, ed è compito della madre e del padre terreni fare sì che il mio viaggio si svolga sicuro dai pericoli e che passo dopo passo io possa realizzare la visione del mondo come un luogo protetto, dove posso crescere in forza e fiducia nelle mie capacità di interagire con esso e di risolverne con successo gli eventuali conflitti.

Ma se nella stretta cerchia familiare, che è il mondo dove muovo i primi passi, non vengo adeguatamente amato, coccolato, abbracciato, protetto, quello che comincio a sviluppare sarà un senso di timore, di assenza, di insicurezza.

In mancanza di contatto fisico non so percepire i miei limiti, non riesco ad individuarmi fisicamente, mi sento perduto in un universo vuoto e inconsistente, e ogni contatto sarà traumatico e potenzialmente pericoloso.

Il bambino ha bisogno di ricevere, ricevere in continuazione cibo e amore, calore e protezione, al punto che per lui sono inscindibili: il latte materno non è separato dalla sensazione di calore e soddisfazione, anzi sono tutt’uno.

Nutrimento fisico, sentimento di protezione, calore, affetto garantiscono un sano sviluppo della fiducia in se stessi e nel mondo.

Mancando questi, il rene si ammala.

Nefrite, calcolosi renale, insufficienza renale acuta o cronica si accompagnano a febbri, a tremito, a brividi, a sudori, a nausea, a ipotensione.

Anche la paura provoca questa reazione, la paura ci va venir meno di fronte alla realtà (svenimento), sudiamo freddo, ci facciamo la pipì addosso.

La paura è il sentimento che si sviluppa quando manca la fiducia in sé stessi, la consapevolezza della propria capacità di proteggersi o difendersi dalle aggressioni, la paura nasce da tutto ciò che non conosciamo e si vince attraverso l’esperienza, la paura blocca, paralizza, contrae, rimpicciolisce oppure ci da la forza per compiere imprese eroiche, per vincere il dolore e la fatica.

Il calcolo renale è proprio l’arresto, il blocco, il farsi di pietra, il non movimento, l’incantesimo di Medusa, gli uomini trasformati in statue di sale.

Il calcolo è la cristallizzazione dei sali che dovrebbero circolare liberamente nell’organismo.

Se mi blocco mi trasformo nel blocco stesso: un blocco di granito, di marmo.

Il rene si apre nell’orecchio, mi insegna a lasciar entrare il suono del mondo, la dolce ninna nanna della vita.


Polmoni

La loro funzione è quella di permettere al sangue di effettuare uno scambio di gas con l’ambiente esterno.

Quando respiriamo l’aria discende lungo la trachea, passa nei bronchi, quindi nei bronchioli infine negli alveoli.

Questi ultimi sono cellette disposte in maniera analoga a quelle di un alveare caratterizzate dal fatto di avere una parete molto sottile che può agevolmente essere attraversata da ossigeno e anidride carbonica.

Un polmone contiene circa 300 milioni di alveoli che costituiscono una superficie di scambio valutata intorno ai 150 metri quadrati.

Interpretazione e patologia

Le principali patologie che colpiscono l’apparato respiratorio sono asma, bronchite, pleurite, polmonite, tubercolosi e tutte riducono o compromettono la capacità respiratoria. L’aria è carica di “prana”, l’energia vitale.

L’aria rappresenta l’essenza stessa della vita, il soffio con cui Dio crea l’uomo.

Funzione fisiologica: scambio gassoso

Funzione simbolica: comunicazione

Emozione luce: libertà, coraggio, fede

Emozione ombra: tristezza, solitudine

Organi correlati: naso, intestino crasso

Spirito, Anima, Psiche sono sinonimi, tutti significano la stessa cosa: respiro.

Respirare a pieni polmoni significa accogliere l’energia della vita, senza timore, senza paura di poter esplodere o gridare o ribellarsi a tutto ciò che toglie l’aria, le costrizioni, le limitazioni della condizione in cui si vive.

Si respira bene quando si è liberi e per essere liberi bisogna avere la forza di spezzare le catene e questo si chiama coraggio.

Il coraggio della propria verità, dell’aria che diventa suono e poi parola.

Lo scambio comporta una duplice interazione: dall’esterno verso l’interno e dal dentro verso il fuori: lascio entrare, lascio uscire, questo è il respiro, la magia dell’equilibrio nella relazione con il mondo e la realtà, la capacità di lasciar andare, di svuotarsi (i polmoni nella Medicina Cinese sono collegati all’intestino crasso) di non avere paura del vuoto, della morte, della privazione, dell’assoluto.

La capacità di lasciar entrare l’abbondanza, la vita, l’amore, il denaro, la forza.

E tutto ritmicamente, armoniosamente, pacatamente e profondamente.

La malattia dei polmoni è il lutto, la tristezza, la debolezza, la depressione, la solitudine, l’abbandono, la miseria, la povertà.

Perché i nostri polmoni siano sani dobbiamo vivere intensamente e con coraggio la nostra vita, cogliere la magia dell’attimo, esplorare gli aspetti più spirituali ed elevati.

L’aria è il movimento, l’impalpabile, l’impercettibile, l’invisibile.

I polmoni vivono in funzione dell’aspetto aereo e sublime, i bronchi sono l’albero che affonda le sue radici nel mistero della vita e della morte, è con un fiato prolungato che l’anima abbandona il corpo, esalare l’ultimo respiro, spirare, per restituire il corpo alla materia e l’anima allo spirito.

I polmoni sono il veicolo della fiducia nella vita e di conseguenza della fede.


Fegato

Può essere considerato un laboratorio, una sorta di centrale chimica: la sua funzione è quella di controllare l’equilibrio metabolico dell’organismo, l’insieme cioè delle reazioni fondamentali per il mantenimento della vita.

Una funzione estremamente importante è rappresentata dalla sua capacità di modificare ed eliminare le sostanze estranee dannose per l’organismo, come i farmaci o i veleni.

Inoltre è il principale produttore delle proteine del sangue, come l’albumina e i fattori della coagulazione.

Il fegato è il fulcro del metabolismo degli aminoacidi, che sono i mattoni con cui l’organismo fabbrica le proteine, partecipa al controllo degli zuccheri provvedendo a seconda delle necessità a raccoglierli sotto forma di glicogeno o a renderli immediatamente disponibili.

Il fegato è inoltre coinvolto nel metabolismo dei grassi.

Funzione fisiologica: sintesi delle proteine, produzione e accumulo di energia

Funzione simbolica: trasformazione della materia in energia

Emozione luce: comprensione, saggezza, gentilezza

Emozione ombra: rabbia, ira, invidia, rancore, frustrazione

Organi correlati: occhi, vescica biliare (cistifellea)

Interpretazione e patologia

Le funzioni del fegato riguardano quindi la produzione e l’immagazzinamento di energia, la disintossicazione, la creazione di proteine umane utilizzando quelle animali o vegetali, e quindi la trasformazione dell’energia. Il fegato si ammala a causa degli eccessi, di cibo, di alcool, di grassi, di spezie, il fegato malato indica innanzi tutto uno squilibrio fra ciò che entra e la capacità di elaborarlo produttivamente.

Il fegato produce energia, ciò che entra nell’organismo viene portato al fegato e trasformato in energia: questa è la comprensione, la saggezza, la forza interiore che sa elaborare ogni conflitto e utilizzarlo consapevolmente ai fini dell’evoluzione e della crescita.

Nella sintesi degli aminoacidi è espresso proprio questo importantissimo concetto evolutivo: dal regno animale e vegetale, modificando l’ordinamento degli aminoacidi, il fegato produce l’uomo, o l’uomo si produce attraverso il fegato, il concetto non cambia.

Una disfunzione del fegato ben rappresenta una mancanza di responsabilità nell’accettazione e realizzazione della propria natura che deve elevarsi dalla vita puramente vegetativa o istintuale per attingere le vette della coscienza e dello spirito.

Il malato di fegato è svogliato, dimagrisce, ha nausea, deve continuamente rinunciare a questa o a quella cosa perché in realtà sta rinunciando a se stesso.

I veleni del corpo o quelli estranei vengono resi inattivi nel fegato e trasformati in sostanze solubili nell’acqua per essere eliminate attraverso la bile o i reni.

Ecco rappresentata ancora una volta la capacità di discernere con chiarezza tra bene e male, di individuare le sostanze nocive da quelle utili, di selezionare con lucidità e precisione le situazioni produttive da quelle distruttive.

Altra importante funzione del fegato è la produzione e la eliminazione della bile, che si raccoglie nella cistifellea o colecisti, un sacchetto posto sotto il fegato.

Nel processo digestivo, la bile serve ad emulsionare i grassi e renderli quindi solubili in acqua, inoltre la bile serve ad eliminare la bilirubina, che è il prodotto di scarto dell’emoglobina, la sostanza che trasporta l’ossigeno nei globuli rossi.

Qualsiasi condizione che interferisca con l’eliminazione della bilirubina, di colore giallo, crea la comparsa di uno dei sintomi più tipici delle malattie del fegato: l’ittero.

Sul piano simbolico il fegato mi insegna ad esprimere la mia aggressività e ad espellere dalla mia vita tutto ciò che le arreca danno.

Se non sono in grado di fare ciò, inevitabilmente verrò posseduto da un senso di impotenza e frustrazione, coverò dentro di me il desiderio di vendetta e di rivalsa.

La rabbia trattenuta, il rancore, sblocchi improvvisi di ira e aggressività estrema hanno a che fare con il cattivo funzionamento del fegato.

Si dice spesso “mi rode il fegato” oppure “mi sono fatto un fegato marcio”, “verde dall’invidia”, “livido per la rabbia” e così via.


Milza

Durante la fase fetale ha funzione emopoietica, mentre nell’adulto funge da filtro del sangue, selezionando i globuli rossi invecchiati o danneggiati e recuperando il ferro, elabora e immagazzina il sangue, produce cellule e sostanze indispensabili per la risposta immunitaria, gli anticorpi.

E’ raramente sede primaria di una malattia, ma viene coinvolta nel corso di infezioni. Il dolore che si avverte è solitamente legato alla tensione o lacerazione della capsula che la riveste, essendo la milza priva di terminazioni nervose.

Funzione fisiologica: produce anticorpi

Funzione simbolica: protezione

Emozione luce: apertura, disponibilità

Emozione ombra: chiusura, preoccupazione

Organi correlati: pelle

Interpretazione e patologia

Simbolicamente rappresenta la capacità di proteggersi, di difendersi, ed è quindi collegata ai principi dell’apertura e della chiusura, della disponibilità, della fiducia in sé stessi, oppure all’introversione, alla continua preoccupazione, al logorio mentale che porta ad occuparsi esclusivamente di sé stessi.

Le patologie della milza sono la congestione, e cioè una persistenza eccessiva del sangue nell’organo (preoccupazione), la splenite acuta o cronica, che comportano una infiammazione con aumento di volume dell’organo, infarto.

La milza si ingrossa quando muta la percezione del limite che ci siamo dati, normalmente quando devo lasciar entrare qualcosa o qualcuno nel mio spazio interiore.

Infatti il collegamento energetico con la pelle ci fa pensare al concetto di barriera contro le aggressioni, ma anche di linea difensiva su cui fare esercitazioni belliche per tenere il nemico alla larga (Eruzioni cutanee, Herpes, funghi etc.)

Cuore

E’ il centro che sostiene la vita.

Batte ottantamila volte al giorno, più di 35 milioni di volte all’anno.

Ciascuno di questi battiti è un evento complesso caratterizzato da fenomeni elettrici in grado di provocare la contrazione del muscolo cardiaco e l’espulsione del sangue.

Questo fiume rosso attraversa tutti gli organi e lambisce ogni cellula, compiendo un viaggio di oltre 96.000 chilometri che equivalgono a due volte e mezzo la circonferenza del nostro Pianeta.

I fiumi della Terra scorrono in vene sotterranee, scavano rocce e montagne, scolpiscono paesaggi, disciolgono i sali minerali e portano la vita agli esseri viventi.

Il fiume che fluisce nel corpo umano nutre e depura, fornisce cibo e ossigeno alle cellule, elimina i prodotti di rifiuto, regola l’ambiente.

Funzione fisiologica: circolazione del sangue, portare nutrimento alle cellule

Funzione simbolica: movimento incessante di crescita e rinnovamento

Emozione luce: gioia, entusiasmo, gioco, innocenza, leggerezza

Emozione ombra: sforzo, fatica, freddezza, noia, apatia, ingratitudine

Organi correlati: lingua, intestino tenue

Interpretazione e simbologia

Questo fiume conserva un antichissimo legame con le acque della Terra primordiale. Le prime forme di vita, organismi monocellulari, provvedevano alla propria esistenza assorbendo attraverso la membrana cellulare l’ossigeno disciolto nell’acqua marina e restituendole anidride carbonica, prodotto di scarto del metabolismo.

Una volta perduto quel contatto si venne a creare negli organismi più complessi un sistema circolatorio interno: nel nostro sangue scorre la stessa miscela di minerali e sali esistenti negli antichi mari del periodo Cambriano: 500 milioni di anni or sono.

Le principali malattie cardiache sono infarto miocardico, aritmia, extrasistole, tachicardia, fibrillazione, insufficienza cardiaca, pericardite, cuore polmonare, angina pectoris.

Il cuore, come abbiamo detto, è il centro del nostro sistema, è la sede dell’emozione, del sentimento, dell’amore, della misericordia, della compassione.

Anche l’atto del ricordare etimologicamente ci riporta al cuore, il dolore può spezzare il cuore, chi non ama ha il cuore duro o di ghiaccio, quando stiamo bene da qualche parte ci lasciamo il cuore, il Cristo offre il Sacro Cuore, noi mettiamo il cuore in ciò che facciamo con amore, la persona amata ci ha rubato il cuore, è padrona del nostro cuore.

Chi è senza cuore è spietato e crudele.

Di fronte a un evento doloroso mi si stringe il cuore.

E’ sempre dal cuore che sgorga il riso, la verità, la gioia.

E infatti solo la gioia può “riempire il cuore” di quel succo prezioso che è il nostro sangue.

Solo l’intensa gioia di vivere può permettere al sangue di scorrere ininterrottamente per migliaia di chilometri ogni giorno e portare nutrimento ad ogni singola cellula del nostro organismo.

Il cuore si ammala quando nella nostra vita vengono meno l’entusiasmo e l’amore incondizionato, totale, assoluto, unificante.

Il cuore è un muscolo, è carne vibrante e pulsante di scariche elettriche.

Ha bisogno di emozione, di calore, di empatia per mantenersi elastico ed efficiente.

Ha bisogno del movimento della vita vissuta con intensità e coinvolgimento.

Se ci immobilizziamo nel dolore e nel vittimismo, se diventiamo egoisti, freddi e calcolatori, se ci rifiutiamo di ascoltare la nostra più intima verità, se ristagniamo nell’accidia, nell’ignavia, ecco che destiniamo anche il nostro cuore ad una progressiva immobilizzazione e atrofia, lo condanniamo a irrigidirsi e a spegnersi, ad ammutolirsi nella notte dell’anima.

Il cuore ha bisogno di pulsare, ha bisogno di avventura, di audacia, di coraggio, di nobili imprese, di grandi ideali, la morte del cuore è la noia, l’apatia, l’indifferenza.

Vediamo di comprendere il significato degli altri organi interni interessati dal trattamento di base: stomaco, intestino e pancreas.


Stomaco

Una volta masticato e inghiottito il cibo entra nello stomaco attraverso una valvola muscolare (cardias) che impedisce il reflusso e ne esce per entrare nell’intestino attraverso un’altra valvola muscolare (piloro).

All’interno dello stomaco il cibo si mescola agli enzimi e ai succhi gastrici, viene ridotto in forma liquida e passa nell’intestino.

Funzione fisiologica: digestione delle sostanze

Funzione simbolica: analisi

Emozione luce: aggressività, iniziativa, potere, organizzazione

Emozione ombra: frustrazione, rifiuto, impotenza, rinuncia

Organi correlati: denti, unghie, capelli

Interpretazione e patologia

La funzione dello stomaco è dunque quella di accogliere il cibo masticato ed elaborato nella bocca, renderlo morbido, liquido, uniforme, omogeneo per essere assorbito dall’intestino.

Ecco dunque ben rappresentata la relazione accoglienza-aggressività, entrambe necessarie per un buon funzionamento dello stomaco.

I denti e le unghie, che negli animali sono gli artigli e le zanne, sono i più tipici esponenti della aggressività.

Denti sani e forti mi permettono di mordere e masticare i cibi più duri e succulenti, problemi ai denti o alle gengive restringono drasticamente la gamma delle scelte possibili.

La perdita dei denti, legata all’infanzia e alla vecchiaia, ci riporta a un sentimento di impotenza, di perdita di forza, di calo di energia vitale e sessuale, di giovinezza e salute.

In bocca in effetti avviene la prima fase della digestione: il cibo che rappresenta la materia, il mondo, la realtà, viene ridotto in piccoli pezzi, masticato, inghiottito in piccoli bocconi e sospinto verso il basso attraverso il tubo digerente (processo analitico).

Le impressioni della realtà perdono la loro Alterità e vengono interiorizzate grazie all’intervento di strumenti efficaci nella loro disgregazione e ristrutturazione.

Il bambino perde i denti da latte nel momento in cui esce dal mondo esclusivo della madre e del padre per entrare nella società, dove si richiedono mezzi nuovi e più taglienti per individuare e risolvere problematiche più complesse.

L’aggressività è proprio la capacità di andare incontro (etimologia da ad-gredior, vado verso) agli eventi del mondo confidando nella propria capacità di risolverne i conflitti (masticazione).

Una volta che il mondo è stato ridotto in parti più piccole e omogenee, ecco che può scendere in profondità (interiorizzazione) e fondersi con la mia essenza.

E’ noto il detto: dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei.

Nello stomaco l’analisi è più minuta, acidi potentissimi sostituiscono i denti nel processo di separazione e ristrutturazione, è proprio qui che il confine tra materia ed energia si fa più labile e non è più cosi facile distinguere tra una realtà fisica esterna ed una realtà psichica interna.

Dopo un’ora e più di elaborazione il panino col prosciutto è ormai ridotto ad una poltiglia omogenea i cui singoli componenti, lipidi, glucidi, carboidrati etc. sono più simili ad atomi e ad elettroni che non ad un maiale o alla spiga di grano da cui provengono.

E dunque è più difficile per lo stomaco stabilire se quello che non riesco a digerire, ad accogliere, ad accettare nella mia vita sia il panino o lo stato d’animo o la situazione in cui l’ho ingerito.

Se qualche aspetto della mia vita “non mi va proprio giù” o “non riesco a sopportarlo”, se qualcuno “mi sta sullo stomaco” o “me lo mangerei vivo”, ecco che lo stomaco e tutto il processo digestivo si incaricano di rendere più efficace la digestione di questo “amaro boccone”.

Il malato di stomaco solitamente non esprime la propria aggressività, la trattiene dentro di sé e la dirige contro se stesso (ulcera, gastrite, bruciori di stomaco), oppure la proietta sul cibo che diventa responsabile del suo malessere: le cosiddette intolleranze alimentari, le allergie, le intossicazioni.

Incapace di vedere il veleno che lui stesso secerne (acido cloridrico) lo trasferisce all’esterno, vede finalmente nel cibo la causa di tutti i suoi problemi e si priva di questo e di quello, una cosa proprio non la può digerire e un’altra davvero gli fa male.

Il malato di stomaco tenta di fuggire da ogni conflitto, sogna i cibi omogeneizzati precotti e premasticati e se possibile predigeriti, sogna il ritorno all’infanzia lontano da un mondo da conquistare con le unghie e con i denti.

Ma questa fuga impossibile da una sana aggressività lo conduce al logorio interiore ben noto col nome di ulcera (dal latino ferita), le unghiate che mi rifiuto di dirigere fuori per difendere il mio spazio si ritorcono contro di me, lacerano le mie viscere mentre la pesantezza, il bruciore, l’acidità, la nausea, il vomito, la flatulenza, l’eruttazione testimoniano del piccolo inferno personale popolato di demoni che mi porto appresso, che si agita dentro di me.


Intestino

L’intestino tenue comprende il duodeno, il digiuno e l’ileo e svolge la funzione di assorbimento delle sostanze nutritive, l’intestino crasso, composto da cieco, colon e retto svolge funzioni escretorie.

Funzione fisiologica: assorbimento del cibo ed espulsione delle scorie

Funzione simbolica: cogliere l’attimo, discernere tra il bene e il male

Emozione luce: generosità, distacco, lasciar andare il controllo

Emozione ombra: avarizia, grettezza, controllo, attaccamento

Organi correlati: cuore, polmoni, cervello

Interpretazione e patologia

E’ il tunnel interiore, il luogo del passaggio, dello scorrimento, dell’assorbimento del nutrimento e rappresenta la capacità di vivere traendo il giusto frutto dalle esperienze della vita, vivere con amore e consapevolezza, il tenue è l’organo di scarico del cuore, che si apre nella bocca, e ci dice che tutto è amore, che ogni cosa che entra dentro di noi (il cibo, la materia, l’aria, l’energia) può essere assimilata e trasformata in nutrimento.

Come la paura ci porta a chiudere la bocca dello stomaco, a bloccare il respiro, a creare l’immobilità come mimetizzazione, il sintomo tipico del colon è la diarrea, cioè la fuga, il mollare tutto e scappare, il rifiuto dell’amore e del nutrimento, l’impossibilità di far entrare e di crescere attraverso l’esperienza.

Il colon ci insegna a stare nelle cose con fiducia e calma, a lasciar passare I momenti difficili senza fare di tutto per sbarazzarcene, senza fuggire o fare le cose in fretta e furia.

La paura è il grande nemico dell’amore, d’altronde è proprio l’amore che fa paura.

Reiki alla pancia rilassa l’intestino, gli restituisce elasticità e funzionalità, calore e tranquillità.

Sdraiarsi e mettersi le mani sulla pancia ha una azione fortemente efficace sul dolore interiore che è sempre legato alla paura di non farcela, alla paura di morire.

I sintomi riguardanti l’intestino crasso sono un po’ diversi e dipendono dal fatto che in questa parte la digestione vera e propria è già finita, ai residui del cibo viene sottratta l’acqua e i prodotti di scarto vengono sospinti verso l’uscita, da cui la caratteristica tipica del crasso: l’evacuazione.

Come i polmoni, a cui è energeticamente collegato, il crasso svolge una funzione di scambio, di restituzione, di donazione.

Ecco perché un comune sintomo quale la stitichezza ci mette in contatto con la nostra difficoltà di donare e di donarci, di riconoscere il nostro valore, di lasciarci andare, di mostrare la nostra vulnerabilità o semplicemente lasciar andare il vecchio, quello che non ci serve più.

La stipsi somiglia all’asma, trattengo dentro di me i prodotti di scarto del metabolismo perché ho paura di rimanere solo, di essere abbandonato, di non essere protetto.

Per altro il crasso rappresenta anche bene l’inconscio, l’Ade interiore, il regno dei morti, i ricordi che ci legano a un passato che è passato e quindi morto, inesistente.

Niente di più dannoso per l’intestino che vivere di ricordi o serbare rancore per il passato, perché ciò equivale a dire al nostro organismo di trattenere e custodire gelosamente tutti i prodotti di scarto e quindi riempirci di tossine e veleni.

Ancora una volta il nostro corpo dimostra di possedere una profonda saggezza insegnandoci a vivere giorno per giorno, svuotandoci e riempiendoci con moderazione, tranquillità e fiducia, a lasciar andare con serenità e morbidezza, senza fissarsi sul dolore (emorroidi) per ciò che è stato.

Ciò che conta è vivere l’esperienza, bella o brutta, felice o dolorosa, leggera o pesante (assimilazione), integrarne per qualche tempo le reazioni emozionali e mentali (assorbimento dei liquidi e dei sali minerali), e infine, rapidamente ed efficacemente, lasciar andare ogni residuo attaccamento o rimpianto, godendo di un rinnovato senso di leggerezza (evacuazione).

Se ho paura di vivere intensamente, in maniera responsabile e con amore ogni prezioso istante della mia vita, se non riesco a realizzare la mia vita e la mia personalità, perdo energia (diarrea, polipi, colite ulcerosa, perdite di sangue, muco, acqua e sali minerali, enterite) oppure la blocco all’interno, la trattengo (stipsi, ernie, occlusioni, fecalomi, diverticoli).


Pancreas

E’ una grande ghiandola situata nella parte posteriore della cavità addominale, dietro lo stomaco, tra il duodeno e la milza.

Come ghiandola esocrina produce diversi enzimi che immette nel duodeno attraverso il dotto pancreatico e che contribuiscono all’ultima fase della digestione degli alimenti.

Come ghiandola endocrina produce ormoni come l’insulina e il glucagone indispensabili per metabolizzare e sfruttare le proprietà nutritive dei carboidrati e degli zuccheri.

Funzione fisiologica: digestione delle sostanze, metabolismo degli zuccheri

Funzione simbolica: trasformazione

Emozione luce: dolcezza, compassione, autostima

Emozione ombra: freddezza, distacco, rinuncia, sfiducia

Organi correlati: stomaco, milza

Interpretazione e patologia

La pancreatite procura un dolore molto intenso poiché il pancreas va incontro a una degenerazione molto rapida, una sorta di autodigestione dell’organo: gli enzimi prodotti per la digestione si rivoltano contro l’organo e lo erodono.

Il carcinoma del pancreas è tra i più aggressivi e letali tra i tumori (occupa le prime posizioni insieme al tumore dei polmoni, della prostata, dell’intestino, della mammella e dell’utero).

I carboidrati, come lo zucchero e l’amido, rappresentano per l’organismo una delle principali fonti di energia, una volta ingeriti col cibo, vengono scomposti dagli enzimi dell’apparato digerente in zuccheri semplici e il loro assorbimento produce un innalzamento del livello di glucosio nel sangue: questo aumento della glicemia stimola alcune cellule del pancreas, le isole di Langerhans, ad immettere nel circolo sanguigno l’insulina, cioè l’ormone che favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule e la sua utilizzazione come carburante.

La mancanza di insulina rende impossibile l’impiego del glucosio e determina il suo accumulo nel sangue (iperglicemia).

Il diabete produce una superacidificazione del corpo che può portare fino al coma.

Anche il diabete è una malattia autoimmune, cioè è proprio il sistema immunitario a scatenare un attacco contro le isole di Langerhans e a distruggerle.

La parola diabete deriva dal greco diabàino, che significa “passare attraverso, scorrere”, e ciò che mi passa attraverso senza lasciare traccia è la dolcezza, la tenerezza, l’amore.

Anzi, a lungo andare divento sempre più acido, ho bisogno di dolci ma non ne posso mangiare, ho bisogno di coccole e di affetto, ma non so trattenerle dentro di me, mi passano attraverso, ne ho paura perché mi possono uccidere

L’affermazione interiore del malato di diabete può anche essere: “non conosco la tenerezza e la dolcezza, sono così arrabbiato per non averne ricevuto e così mortalmente offeso che piuttosto che lasciarle entrare mi uccido”.

Il diabetico di solito è rigido e scostante, pessimista, rassegnato, spesso triste e permaloso, è come un bambino ferito che tiene un broncio perenne (iperglicemia) e allontana da sé la dolcezza e la tenerezza eliminando il glucosio attraverso le urine (glicosuria)


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Guarire con il Reiki – Ecco gli ospedali in cui viene praticato

“Il calore che si irradia dalla mano, applicato ai malati, è altamente salutare”

Ippocrate

Il Reiki è una tecnica di guarigione antica in cui l’operatore riesce (attraverso una iniziazione, dei simboli o perché ne è naturalmente capace) ad attingere all’energia vitale universale ed emanarla attraverso le mani che sono imposte sul paziente ed in particolare sulla zona da guarire. Questa pratica è stata riscoperta dal giapponese Mikao Usui alla fine del 1800.

Il Reiki è una tecnica di rilassamento, riduzione dello stress, ripristino della salute psico-fisica ed è in grado di trattare tutti i malanni fisici, emozionalie mentali.
L’energia impiegata nei trattamenti non è quella personale dell’operatore, ma viene attinta da quell’inesauribile serbatoio di energia che è alla base della struttura dell’universo e viene fatta scorrere attraverso i canali del sistema energetico umano (chiamato in oriente con diversi nomi come meridiani, chakra, nadi e ben noto ad agopuntori e operatori Shiatsu), lungo le braccia, per poi uscire attraverso le mani, pronta per essere trasferita a se stessi o agli altri. Infatti il Reiki è anche un potente auto-trattamento.

Da molti anni ormai il Reiki viene utilizzato con successo in numerosi ospedali e strutture sanitarie di tutto il mondo.
Dall’esperienza di altri paesi nel mondo, [il Reiki] è arrivato negli ospedali anche in Italia ed è stato sperimentato tra i pazienti oncologici in un primo studio pilota effettuato al Coes, il centro oncologico delle Molinette. Il risultato è a dir poco sorprendente: il 98 per cento delle persone trattate con il Reiki ha dichiarato di averne tratto un beneficio psicofisico.

La sensazione descritta è di un sensibile calo dell’ansia soppiantata da un effetto di rilassamento generale, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore. In una piccola percentuale (il 10 per cento) i pazienti hanno dichiarato di aver avvertito anche una riduzione del dolore.

IL POTERE DEL REIKI


Per comprendere i cambiamenti biologici prodotti dal Reiki, lo psicobiologo brasiliano Ricardo Monezi lo ha testato sui topi con il cancro. “L’animale non ha implicazioni psicologiche, fede, credenze o empatia nei confronti dell’operatore“, spiega Monezi. Per la ricerca Monezi ha scelto, tra tutte lepratica che utilizzano l’imposizione delle mani, proprio il Reiki essendol’unica senza sfumature religiose.

Nell’esperimento, che è durato 5 anni, il team di ricerca ha diviso 60 topicon tumori in tre gruppi. Il gruppo di controllo non ha ricevuto alcun trattamento, il gruppo del “guanto di controllo” ha ricevuto un trattamento “finto” con un paio di guanti collegati a manici in legno, ed il gruppo“imposizione” ha ricevuto trattamenti di Reiki con le mani di uno stesso operatore. Gli animali sono stati sottoposti al Reiki per quattro giorni, in sessioni di 15 minuti. Dopo l’esperimento, gli animali sono stati valutati per la loro risposta immunitaria e cioè per la capacità del corpo di distruggere i tumori. I risultati hanno mostrato che nel gruppo “imposizione”, globuli bianchi e cellule immunitarie hanno raddoppiato la loro capacità di riconoscere e distruggere le cellule tumorali.

Secondo il biologo, questi risultati escludono l’ipotesi che il successo del trattamento è il risultato di suggestione psicologica. “Non so ancoradistinguere se l’energia che agisce nel Reiki è di tipo magnetico,elettromagnetico o elettrico. Gli articoli che descrivono la natura sottiledell’energia trovano spiegazioni nella fisica attuale”. Secondo Monezi, questa energia produce onde fisiche, che rilasciano un ormone in grado di attivare le cellule di difesa del corpo. Non vi sono state, inoltre, differenze significative nei gruppi che non avevano ricevuto il Reiki. La squadra hainiziato ad analizzare gli effetti del Reiki negli esseri umani. Lo studio non è ancora completo, ma lo psicologo ha detto che il primo gruppo di 16 persone, ha già mostrato risultati positivi. “I risultati suggeriscono un miglioramento, per esempio, nella qualità della vita e nella riduzione dei sintomi di ansia e depressione.” Il lavoro è parte della sua tesi di dottoratopresso l’Università Federale di São Paulo nel 2013.

La spiegazione del potere del Reiki può essere compresa chiaramente alla luce delle recenti scoperte sui biofotoni che vengono emessi dal corpo umano.

I BENEFICI DEL REIKI

Il Reiki può essere usato nel trattamento di praticamente tutte le malattie e disturbi conosciuti. Può essere affiancato ad altre terapie sia naturali che allopatiche migliorandone l’efficacia. Infatti ogni squilibrio fisico o mentale è il risultato di uno squilibrio energetico come ogni tradizione antica affermava ed oggi gli scienziati della fotobiologia possono dimostrare. La nuova medicina che si sta affacciando e sempre più persone stanno sperimentando è una medicina quantistica che si basa sulle frequenze.

Ecco alcuni benefici riconosciuti alla pratica del Reiki:
Riduce stress, ansia, fobie e depressione
Elimina il dolore fisico e psicologico Scioglie l’emicrania
Stimola la fuoriuscita delle tossine Rinforza il sistema immunitario favorendo la guarigione da ogni malattia
Stimola il sistema linfatico ed endocrino
Riattiva la circolazione Rigenera i tessuti
Riduce edemi e gonfiori
Attenua i disturbi gastrici
Migliora la digestione
Riduce i sintomi delle intolleranze alimentari ed allergie
Favorisce un profondo stato di rilassamento
Lavora in profondità nell’inconscio andando a destrutturare gli schemi mentali all’origine di infelicità e blocchi emotivi
Stimola il contatto con la parte profonda di noi
Favorisce la crescita personale e la maturazione psicologica

IL REIKI NEGLI OSPEDALI ITALIANI

La pratica del Reiki, qualora il paziente lo richiedesse, è impiegata in vari ospedali di tutto il mondo, Italia compresa, da volontari o da infermieri e personale medico.

Ecco quali ospedali italiani impiegano questa pratica.
• ROMA. Il Reiki viene praticato in un solo ospedale, il Regina Elena.
• MILANO. Il Reiki viene praticato nell’Ospedale San Carlo Borromeo. Viene effettuato ai pazienti secondo tariffario del S.S.N. al Centro di Medicina Psicosomatica.
• TORINO. Il Reiki viene praticato presso l’Ospedale San Giovanni Battista, al C.O.E.S. (Centro Oncologico Ematologico Subalpino). Il paziente è seguito da un’equipe composta da differenti figure professionali: un medico, uno psicologo, il personale infermieristico, gli operatori Reiki dell’associazione Cerchio di Luce.
• ASTI. Il Reiki viene praticato presso l’Ospedale Cardinal Massaia nel reparto di Oncologia.
• VICENZA. Pratiche di Reiki vengono svolte presso il Servizio per le Tossicodipendente e l’Alcologia (Ser.T). Il Reiki, dunque, viene inserito tra i programmi di recupero di soggetti alcool dipendenti.
• NAPOLI. Il Reiki si pratica anche a Napoli, alla ASL NA1, distretto 33 all’ambulatorio di ginecologia diretto dalla dottoressa Giulia Zinno e a cura dei volontari dell’associazione Yantra.
Esistono inoltre tantissimi centri privati e liberi professionisti che praticano il Reiki.

IL REIKI IN SVIZZERA

In Svizzera alcune assicurazioni e casse mutualistiche rimborsano i trattamenti di Reiki. Ecco una lista:
Groupe Mutuel (5, rue du Nord 1920 Martigny Tel. 0848 803 111), gruppo che comprende 15 assicurazioni diverse, che per brevità non sono qui elencate.
Intras (Direction Générale 10, rue Blavignac 1227 Carouge Tel. 022 8279292)
Swica (39, Boulevard de Grancy 1006 Losanna Tel. 02116130404)
La Caisse Vaudoise (11, rue de Carojine CP 288 1001 Losanna Tel. 021 3482511)
Supra (35, Chemin de Primerose 1000 Losanna 3 Cour Tel. 021 6145454)

IL REIKI NEGLI USA

La nazione in cui il Reiki è più diffuso negli ospedali è senza dubbio gli Stati Uniti, che ha infatti il maggior numero di ospedali che integrano pratiche Reiki in reparto. Basti pensare che se ne contano più di 800.

Eccone alcuni.
• Memorial Sloan-kettering Cancer Center (New York). L’ospedale propone il Reiki come terapia individuale per i degenti, a richiesta di questi ultimi. Nell’ospedale inoltre ci sono 6 dottori e 25 infermiere che usano Reiki. I corsi sono stati tenuti da Marylin Vega, che esegue trattamenti di Reiki ai malati, inclusi malati di cancro e trapiantati ai reni.
• Manhattan Eye, Ear and Throat Hospital (New York). Marylin Vega esegue trattamenti Reiki pre/post operazione e a malati di ogni genere. • Women&Infant Hospital (Providence, Rhode Island). Reiki Clinic nel Dipartimento di Oncologia, gestita da Ava Wolf e Janet Wing.001 401-727- 3034- awawolf@home.com
• Rhode Island State Nurse’s Association. Al suo interno si effettuano training di Reiki per infermieri. La formazione è gestita da Ava Wolf e Janet Wing – 001 401- 727-3034 – awawolf@home.com
• Tucson Medical Center (TMC) (Arizona). Dal 1995 si eseguono trattamenti Reiki ai pazienti nei loro letti, per opera di volontari. Il Reiki si è diffuso prima in Oncologia, e poi gradualmente anche negli altri reparti. -Programma gestito da Sally Soderlund, infermiera, Support Service Coordinator for Oncology (001 520 3242900).
• Portsmouth Regional Hospital (New Hampshire). Reiki offerto sistematicamente come servizio per i pazienti del reparto di Chirurgia dell’ospedale, da parte dei 20 membri formati al Reiki. Più di 400 pazienti hanno ricevuto trattamenti pre o post operazione dal 1997 ad oggi. Programma gestito da Patricia Alandydy, infermiera, Assistand Director of Surgical Service.Patricia: 001 603 433 5175
• California Pacific Medical Center (North California). E’ uno dei più grandi ospedali della California. Al suo interno usa molte medicine complementari, tra cui Reiki. Programma gestito da due medici, Dr. Mike Cantwell e Dr. Amy Saltzman con successo: la lista di attesa è spesso sopra i 100 pazienti. I pazienti che reagiscono bene ai trattamenti di Reiki partecipano ad un corso di Reiki in modo da continuare ad auto-trattarsi, liberando il personale interno all’ospedale che può così trattarne altri. Dr. Cantwell: 001 415 923 3503
• University of Michigan Medical School. Mary Lee Radka, infermiera, gestisce i corsi di Reiki all’interno dell’ospedale destinati a infermieri ed allo staff ospedaliero. Nell’ospedale è usato il Reiki, tra l’altro anche nel pronto soccorso.
• Ospedali del New England (USA). Più di una dozzina di ospedali della regione hanno formato il loro staff al Reiki e lo applicano come cura complementare. Libby Barnett e Maggie Chambers sono i Reiki Masters: 001 603 654 2787.
• Columbian Presbyterian Medical Center (New York). Dr. Mehmet Oz, noto cardiochirurgo, si fa aiutare da Julie Motz (operatore Reiki) durante le operazioni a cuore aperto ed i trapianti di cuore con ottimi risultati sul decorso post-operatorio.
• Marin General Hospital (Marin, California). Julie Motz (operatore Reiki) ha sperimentato Reiki durante le operazioni (ad. es. mastectomia) con ottimi risultati.
• Albert Einstein Healtcare Network (Philadelphia). True Gala conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki in casi di AIDS avanzato. trueg@aehn2.einstein.edu
• Dana-Farber Cancer Institute (Boston). Le cure complementari (CAM), tra cui Reiki, sono state integrate alle normali cure oncologiche. Conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki ed altre discipline in oncologia. Informazioni sul database del CRISP.
• Warren Grant Magnuson Clinical Center of the National Institutes of Health (NIH). Ann Berger, responsabile del Pain and Palliative Care Service (Servizio Dolore e Cure Palliative) dell’ospedale, nel 2000 ha introdotto il Reiki con successo in quest’ambito: Per maggiori informazioni contattare Pamela Miles, che ha scritto un articolo sull’uso del Reiki in questo ospedale.


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Empatia: Che cos’è? Come si sviluppa? È innata o è acquisita?

Che cos’è l’ empatia?

L’ empatia indica la capacità di comprendere gli stati d’animo di chi ci sta di fronte, di “mettersi nei panni dell’altro”, di “sentire” le emozioni altrui. Significa riconoscere ciò di cui altre persone fanno esperienza ma allo stesso tempo attribuire tali esperienze agli altri e non a sé.

L’empatia si basa su un processo di simulazione interna degli stati mentali altrui: studi sugli esseri umani hanno dimostrato che osservare le azioni o le espressioni facciali di altre persone induce un’attivazione nell’osservatore degli stessi circuiti neurali che si attivano quando è l’osservatore ad eseguire le stesse azioni o ad assumere le medesime espressioni facciali.

Esiste una classe di neuroni, denominati Neuroni Specchio, che si attivano sia quando un soggetto esegue un movimento sia quando vede lo stesso movimento eseguito da un’altra persona. La scoperta dell’esistenza di questo “Sistema Mirror” è stata fatta da Rizzolatti grazie agli studi sulle scimmie e dopo la scoperta dei neuroni specchio motori è stata dimostrata l’esistenza di un Sistema Mirror anche nell’ambito dell’elaborazione delle emozioni: i sistemi neurali specchio si attivano anche nell’osservazione di altre persone che esprimono un’emozione e sono quindi alla base dell’empatia, intesa come riconoscimento dello stato emotivo altrui.

Quando ci troviamo di fronte ad una persona che sta esprimendo uno stato emotivo, sia esso positivo o negativo, si attivano in noi dei meccanismi di riconoscimento automatici ed immediati che scattano a prescindere dalla nostra volontà. Grazie a questi meccanismi abbiamo la capacità di riconoscere uno stato mentale: si innescano dei processi che attivano in noi lo stesso stato mentale che stiamo “osservando”, stato mentale che resta però a livello potenziale e ci consente di non essere “contagiati” emotivamente, cioè di non provare quello stato mentale come se stesse accadendo a noi, di non piangere se vediamo una persona piangere, di non sentire dolore se vediamo una persona soOerente, di non provare disgusto vedendo una faccia disgustata, ma di partecipare comunque all’emozione dell’altro comprendendola senza esserne catturati.

Come si sviluppa l’empatia?

Studi empirici hanno dimostrato che l’empatia è una capacità innata, che si sviluppa universalmente intorno al secondo anno di vita, momento in cui si riscontrano i primi segni riconoscibili di empatia e in cui i bambini iniziano ad agire con in mente chiari propositi altruistici: compaiono i primi tentativi di conforto in risposta alla soOerenza di un’altra persona, l’aiuto, la condivisione dei giocattoli.

Sebbene l’empatia sia innata, tuttavia, è probabile che si sviluppi in maniera ottimale in un ambiente in grado di soddisfare le necessità emotive del bambino, di incoraggiarlo a riconoscere ed esprimere un’ampia gamma di emozioni e di fornire numerose opportunità di scambi emozionalmente signiGcativi che concorreranno ad un sano sviluppo emotivo.

Quali sono le aree cerebrali coinvolte nei processi empatici?

Molti studi neurofunzionali hanno evidenziato i meccanismi neurali alla base dell’ empatia. Oltre alle aree cerebrali connesse alle emozioni ed al controllo emotivo, come il sistema limbico e le aree frontali del cervello, diversi studi suggeriscono che un importante ruolo è svolto dall’Insula: indagini di neuroimaging funzionale indicano che la corteccia insulare anteriore è costantemente coinvolta in fenomeni di empatia. Da una revisione della letteratura di Lamm e Singer (2010) emerge, ad esempio, che in soggetti esposti ad odori che provocano disgusto c’è un’attivazione dell’insula anteriore che si veriGca anche quando vedono una smorGa di disgusto e che soggetti stimolati con una scossa elettrica dolorosa alla mano mostrano un’attivazione di aree cerebrali identiche, inclusa l’area dell’insula anteriore, quando osservano il proprio partner ricevere la scossa dolorosa.

L’empatia è quindi un’importante innata capacità, grazie alla quale è possibile lo scambio emotivo tra esseri umani, la compassione, la comunicazione, l’altruismo, la sopravvivenza della specie.
Essa ha un substrato neurobiologico ed è parte intrinseca del corredo genetico umano.


Roberto Cardamone

Presidente SpazioCOPA Onlus

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